Ci stiamo avvicinando a rapidi passi verso il Sinodo dei giovani indetto da Papa Francesco, per ascoltare e accompagnare i giovani nella loro vocazione e missione per la Chiesa e per il mondo. Voi avete scelto come tema di meditazione, alla luce della parola di Dio e dell’esperienza del nostro tempo “La donna: sacra o schiava?”. Immediatamente si presenta agli occhi della fede Maria la giovane di Nazareth, chiamata da Dio ad un compito straordinario nella storia dell’umanità ed elevata nella sua assunzione al cielo a segno di sicura speranza.
Ma quante e quali donne abbiamo incontrato nella nostra vita? Che senso ha avuto fino ad ora per noi la donna? Quante storie di donne nella Bibbia, nella letteratura, nei media, nella nostra vita personale? Donne vittime della filosofia “usa e getta”, costrette a vendere la dignità per un posto di lavoro, obbligate a prostituirsi per strada, proposte come “oggetto del desiderio”, sui giornali, in tv e persino nei supermarket per piazzare un prodotto. Il sistema di “calpestare la donna perché donna” e non considerarla una persona, è sotto gli occhi di tutti; e insegnerebbe molto un “pellegrinaggio notturno” per le strade delle città o dei paesi, dove alle ragazze si chiede solo: “Quanto costi?”. Con questa fortissima denuncia, papa Francesco, nella messa celebrata venerdì 15 giugno a Santa Marta, ha rilanciato l’insegnamento di Gesù sulla donna.
E’ appena uscito nelle librerie un libro stupefacente: “L’Alleluja di Susanna” un po’ speciale. E’ la storia di una ragazza, Susanna Rufi, di appena 18 anni, che purtroppo ha dovuto scrivere per lei il papà, perché Susanna non c’è più; è stata stroncata da una meningite fulminante a Vienna, sulla via del ritorno da Cracovia, dalla Giornata Mondiale della Gioventù del 2016 con papa Francesco. In Polonia il papa aveva chiesto ai giovani: “Le cose brutte si possono cambiare?”. Le pagine dell’Alleluja di Susanna sono una risposta, un “sì” senza “sé” e senza “ma”. Una ragazza romana di 18 anni che ha fatto le sue scelte, che ha dato un senso pieno alla sua breve esistenza scandita dalle tappe di un percorso di fede e di amore che è sfociato nel mistero di una morte assurda, inaccettabile per chi non crede, ma nell’abbraccio con il Dio della vita e della gioia per chi ha fede.
Perciò il racconto di Susanna è una sfida al pessimismo giovanile, è un canto giovanile alla speranza.
Ricordo della mia giovinezza la figura di un grande predicatore degli Stati Uniti, il vescovo mons. Fulton Sheen che affascinava grandi folle e che ha indirizzato tanti giovani verso il sacerdozio: è in corso la sua causa di beatificazione. Un sera, stavo parlando nello stadio di Philadelphia, ed improvvisamente si spensero le luci e lo stadio piombò nel buio. Il vescovo accese un fiammifero ed invitò tutti i presenti ad accendere un fiammifero o un accendino. Lo stadio come di incanto si illuminò di migliaia di fiammelle e il vescovo disse: anche nei momenti più bui della nostra vita, se ciascuno di noi accende una fiammella, tutto il mondo è illuminato e riprende a vedere e a sperare. E’ interessante la raccomandazione che il famoso Riccardo Muti ha rivolto ai carcerati di Ravenna di non perdere mai la speranza citando una frase di Giuseppe Verdi: “Se uno si trova in un luogo buio e vede una luce in fondo, per quanto lontana, non si faccia intimorire dalle tenebre ma vada verso la luce”. Ognuno porta le sue croce e i suoi problemi, ma cercate di essere postivi, guardate avanti! Questo è il nostro compito imprescindibile. Nessuno è inutile, ognuno di noi può aiutare a cambiare il mondo, a cambiare le cose brutte in cose belle, con atti di fede, di preghiera, di amore gli uni verso gli altri.
In questo luogo percepiamo il profumo di un Santo che ci ha preceduti nella vocazione religiosa come passionista, Gabriele dell’Addolorata, anch’egli morto giovane a 24 anni, ma che ha lasciato una traccia di amore appassionato a Cristo e alla Vergine Madre. Egli visse in tempi molto diversi dal nostro, ma fu modello di tante persone che seguirono le orme di Cristo e del progetto morale cristiano impregnato di profonda spiritualità. Naturalmente, non distratto da attrazioni mondane, egli era solito dire: “Il mio paradiso è meditare”.
E’ possibile oggi, con la volatilità della civiltà digitale e l’accumulo di informazioni che si susseguono e si cancellano, fermarsi a meditare, cioè concentrarsi in se stessi, dedicare tempo all’ascolto, alla lettura, all’ammirazione, alla contemplazione della bellezza delle cose visibili e di quelle invisibili? Sovente, durante l’Angelus domenicale, papa Francesco invita le miglia di fedeli radunati in piazza San Pietro a fermarsi a pregare in silenzio o a pregare tutti insieme. Siamo capaci di farlo nella nostra vita personale, secondo le parole di Gesù: “Quando preghi entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. (Mt 6,6)? Penso di sì. Tra le migliaia di giovani che popolano il mondo e talora danno l’impressione di superficialità, di svogliatezza, persino associazione a delinquere, ci sono dei fiori che spiccano per la purezza, la freschezza dell’amore, delle intenzioni, della verità delle parole.
Proprio il 3 luglio scorso, papa Francesco ha dichiarato le virtù eroiche di tre giovani: Pietro Di Vitale, siciliano di 24 anni, coetaneo di San Gabriele; Alessia Gonzalez, spagnola di 16 anni, e Carlo Acutis, italiano di 15 anni “enfant prodige” di informatica morto nel 2006. Un filo rosso li lega perché tutti e tre sono morti di gravi malattie molto giovani, ma hanno compreso, anzitutto, che il compimento del proprio dovere è il modo di garantire il diritto di vivere a chi sta a fianco, in secondo luogo che l’accettazione e l’offerta della sofferenza sono un contributo efficace per cambiare il mondo.
Cosa ne pensiamo? Li vogliamo imitare? Preghiamo il Signore che ci ispiri e ci aiuti.
Sua Eminenza Cardinal Tarcisio Bertone