In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne. Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete,perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
RIFLETTI
Credimi Gesù, appena ho letto questa Tua Parola, ho avuto paura. I quattro “GUAI” rivolti ai ricchi, ai sazi, ai gaudenti, e agli idolatri mi hanno messo in crisi: Come puoi Tu minacciare le Tue creature per le quali hai pregato e hai donato la vita? E poi – dimmi – non sei venuto per i peccatori, e a cercare le pecorelle smarrite?
Non capisco, è notte fonda. Mi fermo, penso, mi ascolto. Alzo gli occhi alla tua immagine crocefissa e nel silenzio, aspetto: “Si, non temere, Io non minaccio le persone per le quali ho dato e do la vita. Con quelle parole volevo esprimere e testimoniare la mia sofferenza, la pena di un Padre, che non vede accolto il suo amore. E’ la stessa dolorosa reazione che ebbi quando, piansi, vedendo la città Gerusalemme che non mi accoglieva. Allora dissi: “Oh se tu avessi conosciuto, in questo giorno, ciò che occorre per la tua pace”. Ora dico a te: Queste parole non suonano come minaccia, ma sono il disperato, sofferto tentativo, per i miei figli che si sono dimenticati di essere amati, distratti e sedotti dall’avere e dal potere.
Grazie Gesù, perché anch’io spesso mi dimentico che Tu ti prendi cura di me. Tu conosci le mie povertà, la mia fame, le mie tristezze che molte volte le percepisco come una disgrazia, e non mi rendo conto che sono doni che evidenziano le crepe del mio orgoglio, le feritoie delle mie pretese, dove filtra la luce della Tua misericordia. Sono beato, cioè felice, non perché non ho problemi, ma perché la percezione del tuo amore, che accoglie le mie povertà, m’incoraggia a mettermi sempre in marcia.