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“Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt. 11,25)
Quali sono questi piccoli di cui parla Gesù? Non è difficile comprenderlo. Sono tutti coloro che con semplicità si riconoscono creature, figli di Dio. Sono i “puri di cuore” delle Beatitudini, che nella povertà della loro insipienza si aprono all’opera del Creatore in un atteggiamento di ascolto e di lode. Sono i poveri, che Matteo chiama beati, che stanchi ed oppressi, assetati della Verità, si rimettono totalmente nelle mani del Padre che con profondo amore viscerale “espande la sua tenerezza su tutte le creature” (Sal 144,9). Sono i vuoti di sé per riempirsi di Lui.
Non e difficile comprenderlo ma è più difficile esserlo! Quanti ostacoli nel nostro cuore e quanta mancanza di umiltà. Gesù è il vero umile, il vero puro di cuore; egli è il primo piccolo e il primo bambino.
Benedetto XVI scrive che “le Beatitudini sono una biografia interiore di Gesù, il ritratto della sua figura, ma proprio per questo sono dei segnali che indicano la strada alla Chiesa e ad ogni fedele”.
Lui, il Maestro, il Figlio in comunione piena con la Volontà del Padre ci insegna che il cuore puro vede Dio, che l’umile lo incontra e il semplice si ricolma di Lui. Può la nostra radicata superbia portarci a questo? Quando Gesù dice che Dio Padre ha nascosto le cose hai dotti ed ai sapienti non intende denigrare gli studiosi o coloro che lavorano per la scienza, ma chi fa del suo sapere un idolo e, gonfio della sua bravura, si fa artefice e giudice di scelte di vita che allontanano dalla Verità.
Molto spesso capita che iniziamo un pensiero, una frase riconoscendo che quel pensiero o quella frase sono dettate dallo “Spirito di Dio che abita in noi” come dice San Paolo nella lettera ai Romani (Rm 8,9), ne siamo consapevoli e ne gioiamo, poi pian piano ce ne appropriamo e ciò che è di Dio lo facciamo passare per nostro; da lì un susseguirsi di rigonfiamenti dell’io che schiacciano e soffocano lo Spirito in noi e ci fanno perdere la centralità dell’essere.
“Chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato” (Lc. 14,11)
La presunzione della mente e l’ambizione della volontà sono presenti quotidianamente nella nostra vita. Alcuni si sentono giustificati davanti ai propri errori, altri non riescono ad andare oltre un’offesa subita, oppure c’è ancora chi fa di una virtù un piedistallo per essere considerati. E’ l’apparire dell’io che deforma l’uomo nella sua somiglianza con Dio. Ma l’uomo è fatto “per” Dio non “contro” Dio.. come può trovare dunque pace, alienandosi nell’idolatria di se stesso?
La saggezza del semplice trova grazia nell’essere nella Grazia e agisce nella fede per mezzo dello Spirito in cui riposa, rimettendo in Lui tutte le sue preoccupazioni, le sue battaglie, i suoi limiti, il suo essere. Diventa piccolo e umile per accogliere i segreti di Dio, per accogliere Gesù stesso, come Maria umile ancella, che non si è lasciata sedurre dall’alto onore concessole da Dio, ma si è fatta sua “serva”: discepola perfetta si è messa a servizio di Dio e del prossimo.
Perché l'umiltà di cui parla Gesù è il servizio, è la sorella della carità, il chinarsi per prendere per mano chi è caduto, il lavare i piedi al fratello, alla sorella, dire per primo “ti voglio bene”, dentro e fuori la Chiesa ma sempre in comunione con essa, per diventare grandi nell’Amore.
“Signore non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo… io sono tranquillo e sereno come un bimbo svezzato…” (Sal 131)
Paolo Curtaz