Un anno fa l’opinione pubblica è venuta alla conoscenza della Consulta di Bioetica, ovvero un’associazione che offre il punto di vista laico (non confessionale) sulla bioetica, guidata da Maurizio Mori, a causa di uno studio realizzato da due suoi responsabili, Alberto Giubilini e Francesca Minerva, secondo cui «uccidere un neonato dovrebbe essere permesso in tutti i casi in cui lo è l’aborto, inclusi quei casi in cui il neonato non è disabile».
Minerva e Giubili (quest’ultimo noto anche per aver affermato che il Papa in televisione viola la laicità dello Stato) sono stati molto criticati per questa tesi, più volte paragonati a Hitler o al suo medico Mengele. Maurizio Mori non ha mai preso le distanze dai suoi collaboratori ma li ha difesi chiedendo di non scartare la tesi «solo perché scuote sentimenti profondi o tocca corde molto sensibili». In un’altra occasione ha fatto loro i complimenti: «Siete troppo modesti. Non avete aggiunto solo un pezzetto, avete anche inventato un nome: aborto post-nascita». Giulio Meotti recentemente ha fatto notare che la tesi dei due ricercatori della Consulta di Bioetica Laica non è isolata e l’infaticidio sta lentamente tornando di moda nelle maggiori riviste scientifiche.
In un nuovo saggio pubblicato sul Journal of Medical Ethics, ad esempio, si è sostenuto che è meglio scegliere di eliminare il bambino disabile dopo la nascita, piuttosto che durante la gravidanza. A farlo è il pediatra olandese Eduard Verhagen, il quale ha praticato per anni in Olanda l’eutanasia sui neonati disabili e nel 2005 ha annunciato il Protocollo di Groningen sull’eutanasia infantile. «Perché l’eutanasia non dovrebbe essere permessa come alternativa all’aborto? Che differenza morale c’è?», si è domandato Verhagen. Il pediatra è stato in Italia nel 2008 guarda caso invitato ad un convegno patrocinato proprio dalla Consulta di Bioetica Laica guidata da Mori.
La celebre rivista di bioetica, dedica una intera monografia alla liceità dell’infanticidio. Il filosofo del New York Times, Jeff McMahan ad esempio non sostiene soltanto che “l’infanticidio è giustificabile” in caso di “disabilità mentali” del bambino, ma che «i feti e i neonati non hanno un pieno status morale, ma piuttosto è minore degli scimpanzé». E ancora: «Un normale scimpanzé adulto ha una capacità superiore di qualunque feto umano». Nel 2010 sul suo quotidiano ridicolizzava le persone credenti in Dio e le loro ragioni etiche sul “non giocare a fare Dio con la natura”.
Sulla rivista compaiono anche le nuove affermazioni di Minerva e Giubilini, ricercatori come detto della Consulta di Bioetica Laica: «Se pensiamo che l’aborto è moralmente permesso perché i feti non hanno ancora le caratteristiche che conferiscono il diritto alla vita, visto che anche i neonati mancano delle stesse caratteristiche, dovrebbe essere permesso anche l’aborto post nascita».
A chiudere il saggio c’è Peter Singer, ateo militante e grande amico di Richard Dawkins, nonché padre di questa bioetica neo-nazista, il quale scrive: «Il mero fatto di esistere come essere umano vivo e innocente non è sufficiente per avere un diritto alla vita». Le posizioni espresse da Singer sono talmente disumane che il compianto cacciatore di nazisti, Simon Wiesenthal, si rifiutò d’incontrarlo perché «è inaccettabile un professore di morale che giustifica l’uccisione di nuovi nati handicappati».
Questa è la nuova bioetica secolarizzata portata avanti dai più noti ricercatori laici. Forse non sarebbe male cominciare a pensare per il futuro a qualche forma di disobbedienza civile, come invita a fare la prestigiosa rivista Lancet, contro questo aberrante ritorno dell’eugenetica nazista.
L'articolo è stato inserito da p. Francesco ma preso da www.uccronline.it