L'evangelista Giovanni introduce alla comprensione del significato della morte risurrezione, vertice della vita e dell'opera di Gesù e del progetto del Padre. Per la Chiesa si tratta di capire il senso del proprio rinnovamento nell'adesione e nella sequela di Cristo.
Il vero « luogo » del culto
Con il gesto clamoroso, anche se storicamente poco appariscente, della purificazione del tempio (vangelo), Gesù mette in discussione l'istituzione più sacra della tradizione giudaica. Soprattutto è posto sotto accusa il modo comune di interpretare il rapporto con Dio. Il fatto che Dio abitasse nel tempio conduceva Israele alla presunzione di possedere Dio in modo definitivo, anche se la vita quotidiana non si lasciava trasfigurare dal rapporto unico e singolare che Dio aveva stabilito con il suo popolo. I profeti avevano più volte denunciato a chiare lettere l'illusoria sicurezza data dal formalismo religioso (cf Is 1,1ss; Ger 7,1-15; Mic 3,12) per riportare il culto ad integrarsi con la vita. Gesù si colloca in questa linea quando dichiara in modo perentorio la fine dell'istituzione templare, segno di un modo inadeguato di vivere il rapporto con Dio. Il gesto compiuto da Gesù è chiaramente provocatorio e scatena l'opposizione dei Giudei. Per giustificare la sua azione Gesù offre un segno: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Il tempio cui Gesù intende alludere è il suo corpo che sarà distrutto dalla morte, ma riedificato nella risurrezione. Santuario della divina presenza, e vero luogo dell'incontro con Dio è la persona di Gesù. Con la sua vita egli indica quale sia il vero culto che il Padre attende dal suo popolo (cf Gv 4,23-24): fare la volontà di Dio, aderire alla sua Parola, vivere la carità e la giustizia. Non è tanto allora il luogo sacro o il numero dei sacrifici che realizzano la comunione con Dio, quanto soprattutto quei segni ancora più espressivi di una profonda e genuina adesione interiore: l'offerta di sé, della propria obbedienza e volontà di conversione.
Un legalismo duro a morire
La vita cristiana non consiste in una serie di pratiche che possano giustificare o tranquillizzare la nostra «buona coscienza»: messa domenicale, formule frettolose e meccaniche, devozione a qualche santo «parafulmine» contro i guai della vita.
«È ben misera giustizia o bontà quella che si misura a termini di legge» (Seneca). Per entrare in comunione con Dio è chiamata in causa la vita con tutte le sue scelte quotidiane, piccole o grandi che siano. Il decalogo che Dio offre al suo popolo (prima lettura) non intende fondare un rapporto legalistico, né imporre un giogo; esso indica piuttosto le condizioni attraverso le quali è possibile vivere l'alleanza, quel vincolo unico e irripetibile con il quale Dio si è legato al suo popolo. L'aspetto più originale del «Codice dell'alleanza» è la sua premessa: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dèi di fronte a me…». Il Dio che si è rivelato liberatore del popolo da lui scelto liberamente come alleato e amico, gli indica la strada della libertà. Non accogliere tali indicazioni è lasciarsi presto sopraffare da altri idoli, essere preda di altri «signori».
Questa obbedienza è l'unica possibilità per vivere alla presenza liberante di Dio la comunione con lui. Osservata con animo servile, la legge diventa giogo insopportabile. Solo l'amore diventa l'anima della legge e di essa più esigente ed impegnativo.
L'annuncio della croce
La parola che la Chiesa è chiamata ad annunciare come dono di vita è la parola della croce (seconda lettura), segno supremo dell'amore di Dio. Ma questo messaggio sconcerta chi, in una apparente religiosità, pretende che Dio si adegui ai propri schemi. La vita cristiana non può aggirare o addomesticare la croce. Nel Cristo che muore Dio ha rivelato il volto paradossale della salvezza che diventa accessibile e comprensibile solo a chi possiede lo Spirito.
Facendo suo il progetto del Padre, Cristo ha mostrato come si vive il rapporto con Dio nelle situazioni concrete della vita. Solo l'amore è capace di capire la croce come scelta gioiosa e liberante. Ci sono scelte non contemplate dalla legge che sembrano follia agli occhi del mondo e incomprensibili a chi vive una religiosità superficiale: …la scelta volontaria della povertà o della verginità, la rinuncia a carriere prestigiose per essere più disponibili agli altri, il servizio agli ammalati, ai vecchi, la dedizione a ogni tipo di emarginati, l'impegno sociale disinteressato. Ma anche dentro la trama di una vita apparentemente monotona e banale, che in definitiva è il volto «feriale» della croce, si realizza una comunione con Dio e sale al Padre quel vero culto che induce a manifestare nelle «opere la realtà nascosta nel sacramento».
Commento
Tempo di Quaresima, tempo di conversione, tempo di Dio! Ma dove? Ieri come oggi ("si avvicinava la Pasqua") Gesù và al Tempio, noi andiamo in Chiesa.
Cosa dice a noi il vergognoso commercio ("gente che vendeva buoi, pecore e colombe …") nel tempio?
Se noi frequentiamo l'Eucarestia come un "rito magico" o con "abitudine" facciamo lo stesso commercio vile che ha causato la giusta ira di Gesù.
Anzi peggio perchè ci sentiamo giusti. Infatti così facendo pronunciamo invano il nome di Dio.
"Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano." Dice il Signore.
Lo sforzo, nella grazia, da riportare in noi in questa Quaresima è quello di accostarci al mistero con cuore puro e disinteressato, lodando più che chiedendo, discendendo con Cristo più che prostrarci in una falsa umiltà. Siamo come i mercanti di bestiame e cambia valuta, cioè, tutti presi dai nostri interessi, dalle nostre piccinerie mentali, dalle discussioni inutili?
La nostra vita è immersa da una mentalità consumistica, da un ingrato usa e getta, da un adolescenziale "fai da te" che cerca sempre l'auto-giustificazione, da un'infantile ribellione di fondo? "Sono una brava persona, non faccio male a nessuno, vado a Messa tutte le domeniche" quindi…
Com'è spregevole mercanteggiare con Dio, Lui che è assoluta gratuità. Gesù dice "la casa del Padre mio", quindi, Lui, cacciando i mercanti, desidera fare pulizia nel nostro cuore e nella nostra vita… desidera che riconosciamo la Sua Signoria, dolce e leggera.
Il tempo della Quaresima è il tempo della Verità in cui snidiamo tutto ciò che acquista posto centrale nella nostra vita e restituiamo al Padre la signoria assoluta del tempio che siamo noi, ciascuno di noi. Via i mercanti che alimentano "gelosia", invidia, maldicenza, ira. Che usano Dio per coprire i nostri fantasmi, le paure, le fughe vocazionali.
Cristo, dunque, desidera anche oggi, ora, purificare questo tempio che sono io.
Proprio perché "questo tempio" del mio corpo risorga assieme con Lui il terzo giorno. Il terzo giorno di ogni mia piccola passione.
Il terzo giorno della Sua venuta Gloriosa.
Anzi perchè finalmente questo tempio sia aperto alla gratuità e non ripiegato su narcisismi ed egocentrismi. Sul vociare inutile del pettegolezzo, di ogni pettegolezzo, magari quello spiritualizzato tanto presente nei nostri ambienti ecclesiali.
È giunta l'ora, ed è questa, che questo tempio si apra alla vita dicendo finalmente si a Dio; come Maria. Vieni dunque o Cristo, rovescia tutto o Gesù, con la tua ira, che è Amore "geloso", purifica ciò che ti appartiene. "Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini."
Per quanto sta a me non mi interessa la mia debolezza ma solo la tua forza, il tuo agire potente. La tua violenza è pace e il tuo agire è fedele.
Vieni e ricrea questo tuo tempio.