“Senza Dio – diceva Ingmar Bergman – tutto sarebbe senza senso”. Mentre lo scrittore e drammaturgo francese, Eugene Ionesco, scriveva: “È difficile immaginare un mondo senza Dio”.
Il testo di una canzone di Fabrizio De Andrè, intitolata Cantico dei drogati, recita “Ho licenziato Dio, gettato via un amore, per costruirmi il vuoto, nell’anima e nel cuore”. Sono parole che riassumono la solitudine e il gelo di una vita senza Dio e che lasciano intendere la consapevolezza del bisogno fortissimo che ciascuno sente della Sua presenza. Eppure tante volte l’uomo d’oggi volta le spalle a Dio e vive come se Dio non esistesse.
Non molto tempo fa sugli autobus di Londra, Barcellona e Genova è apparsa una scritta: “La cattiva notizia è che Dio non esiste; quella buona è che non ne hai bisogno!”. L’uomo è riuscito pian piano a buttare fuori Dio dalla sua vita. Ma negare Dio significa negare se stessi, la propria identità, la natura profonda del nostro essere. Negare Dio è negare l’uomo, la sua umanità ed essenza. Senza Dio, l’uomo non è. Per gonfiare un palloncino basta un po’ di aria. Per riempire il cuore dell’uomo occorre l’infinito, altrimenti rimane vuoto. Solo Dio fa piena la vita dell’uomo.
Guardando ai nostri giovani ci chiediamo qual è il rapporto che hanno con Dio, come lo vivono, come ne percepiscono la presenza nelle loro vite, come lo incontrano, se lo incontrano, e cosa succede quando lo rifiutano. Stando alle statistiche cresce il numero dei giovani che sostengono di non avere fede (36%) mentre chi afferma di credere in Dio, spesso non frequenta la Chiesa.
Nonostante però le tante contraddizioni che caratterizzano i nostri ragazzi, il desiderio che hanno di Dio è ancora molto forte e presente nelle loro vite. Hanno sete di Dio. Bisogna solo aiutarli a non smarrirsi ed a raggiungere la fonte a cui dissetarsi.
Oggi certamente è difficile credere, ma come ha detto qualcuno rinunciare a Dio, significa spegnere il sole per camminare alla luce di una lanterna.
Gianni Epifani