Da Cecilia di Pescara, trapiantata nella capitale, “ritirata” col G.T.Roma…

Cari amici,

sono Cecilia di Pescara, trapiantata a Roma per motivi di lavoro.

Ormai da più di un anno frequento il gruppo tend della capitale, che si riunisce ogni martedì sera ai SS. Giovanni e Paolo, Curia generalizia dei PP. Passionisti.

Ciò di cui voglio rendervi partecipi è la magnifica esperienza che abbiamo vissuto insieme  l’8 e 9 marzo: il ritiro del gruppo sul Monte Argentario, luogo in cui il nostro caro San Paolo della Croce ha fondato il primo convento della Congregazione.

Per iniziare la mia testimonianza non trovo parole più adeguate se non quelle di un novizio, Alessandro, vecchia conoscenza della Tendopoli.

“Il contadino, ogni anno, deve potare i rami dell’albero, affinché possano portare frutti più rigogliosi nella stagione successiva.”

È quanto abbiamo sperimentato noi al gruppo, che fino all’anno scorso ci contavamo sulla punta delle dita, e che da settembre abbiamo dovuto cambiar stanza in cui fare l’incontro per mancanza di spazio. Il rischio però di commettere lo stesso errore di Davide, che ha contato il suo popolo per gloriarsi della sua forza, sembra scongiurato. Vi assicuro che la grande forza del gruppo di Roma non sta nel numero dei suoi componenti, ma nella bellezza e nella ricchezza di ciascuno di loro, ognuno così diverso dall’altro, ma che proprio per questo si completa con l’altro.

Scopo del ritiro era, oltre a far crescere la comunione fra noi, presentare l’esperienza della Tendopoli in una dinamica di cammino, illustrandone le sue tappe formative.

Ci siamo dunque interrogati sulla nostra chiamata ad essere pellegrini, nella sequela di Cristo, sul nostro essere sentinelle vigili e attente ai pericoli della notte, sull’impegno e la responsabilità di essere testimoni credibili della Verità che è in noi.

Molto formativa e suggestiva è stata la visita ai luoghi paolini, che ci ha molto aiutati ad approfondire il carisma dei Passionisti nella figura del loro fondatore.

Che dire di questi due giorni trascorsi insieme nel nome del Signore! Forse troppo brevi, eppure così intensi da riuscire a creare un clima di comunione in autentica adesione a Cristo. È questo il termine che ritengo più appropriato per descrivere le persone che sono mie compagne di viaggio: autentiche, vere.

Nella condivisione del sabato pomeriggio, in cui ognuno ha dato la testimonianza della propria chiamata, nessuno è stato banale, nessuno si è tirato indietro, consapevole che in quel momento ognuno si faceva dono dell’altro, pane spezzato, perché ciò che si aveva nel cuore era talmente forte da non poterlo tenere solo per sé, ma da doverlo necessariamente comunicare agli altri, e quasi gridarlo (ma non proprio come ci ha raccontato Luisa nella sue esperienze).

Di lì in poi tutto è stato facile. Ognuno era profondamente se stesso. Sembrava di conoscersi da sempre (hai ragione Mascia), di essere amici d’infanzia. Questo avviene quando i rapporti si cementano nell’adesione all’amore di Cristo, che è amore per la famiglia, per gli amici, per il lavoro (vero Pier Carlo?).

Sai, allora, che in qualsiasi momento, in qualunque situazione, ci sarà un gruppo, una comunità pronta ad accoglierti (come ci ha detto Robina, alla quale chiedo scusa se la chiamo così ma è molto identificativo), ad amarti, a gioire con te e a soffrire con te.

Cari amici, è inutile girarci attorno: è la preghiera che ci rende uno in Cristo, è la preghiera che ci fa crescere, è la preghiera che fa elevare i rapporti umani da una semplice conoscenza ad un’intima amicizia. Perché è proprio questo ciò che nutro per ciascuno di voi: intima amicizia.

Nessuno è indispensabile alla comunità, ma tutti sono necessari. È come un puzzle (scusate se per qualcuno mi ripeto) in cui ogni pezzo ha una sua specifica collocazione. Non è intercambiabile, anche se alle volte il pezzo va smussato.

Il puzzle sembra riuscito (hai detto bene, Simona): ne è venuto fuori uno splendido quadro, in cui il pezzo più marginale non è meno importante di quello centrale.

Che bello poter essere responsabile dell’altro, che bello potersi ricolmare della fiducia dell’altro (parlo di te, Marghe), che bello potersi arricchire della semplicità di chi pensa di non aver nulla da donare ma che invece ha già dato tutto (dico a te, Maria Grazia), che bello poter essere padre, madre, fratello, sorella, amico dell’altro.

Vorrei ringraziarvi uno per uno, cari ragazzi, ma temo di non poter trovare parole tanto adeguate.

Dunque ringrazio il Signore per ciascuno di voi, perle preziose per la mia vita, fonti inesauribili di gioia, pioggia battente per la mia sete di acqua (era giusta una citazione anche per Marco).

Grazie a cp Marco, cp Lorenzo e ai novizi, per la loro disponibilità, a padre Fernando Taccone, per l’incisiva omelia di domenica, al padre Orbegozo per la sua cordiale ospitalità e alla generosissima cuoca.

Sperando di avervi trasmesso almeno parte dell’emozione che provo in questo momento, vi abbraccio tutti in Cristo.

        CECILIA