La testimonianza di una tendopolista che ha partecipato alla visita pastorale di Benedetto XVI in Polonia.
Sono qui a Pescara, nella mia parrocchia dello Spirito Santo. Sono alla novena dello Spirito, che prepara la veglia di Pentecoste. Non sono ancora passate ventiquattro ore dal mio rientro a casa dopo il lungo, ma allo stesso momento breve viaggio in Polonia. Sulle note del canto d’ingresso di invocazione allo Spirito comincio a metabolizzare quanto vissuto nei giorni precedenti, e mi rendo conto del dono immenso che ho ricevuto dal Padre.
Far parte della delegazione italiana che ha accompagnato il Papa nella sua visita pastorale nella diocesi di Cracovia è stato allo stesso tempo motivo di enorme responsabilità ed un gran privilegio.
La Polonia, una nazione che non compare sulle offerte turistiche esposte nelle vetrine delle agenzia di viaggio, che non è alla ribalta per occasioni mondane o di libertinaggio più sfrenato, che non è possibilità di sfruttamento di grandi holding industriali, ma è opportunità per riscoprire la propria fede e i propri atteggiamenti cristiani. Perché questa è la Polonia e questi sono i polacchi, un popolo continuamente grato, consapevole di aver avuto e di avere ancora una grande responsabilità nei confronti del mondo cattolico, un popolo che ha saputo amare il suo papa, e che sa fare di un pontefice “straniero” il “suo” papa.
La Polonia non è solo quella dei campi di sterminio, quella dei soprusi del comunismo, quella della sofferenza. E’ anche quella del risveglio da una condizione di povertà, quella che sa mobilitarsi quando il successore di Pietro fa visita alle pecore del suo gregge, quella che sa divenire centro del mondo grazie ad una fede vissuta nella semplicità più disarmante, nella profondità meditativa, nel silenzio della gratitudine.
Il pellegrinaggio in Polonia mi ha ridimensionato, mi ha costretto a guardarmi dentro, a mettermi in discussione, ad interrogarmi sul mio modo di vivere la fede, a volte troppo emozionale e poco motivata. L’ho vissuto in maniera molto differente rispetto ad una GMG, cercando di lasciare da parte il folklore la gogliardia che, se orientati male rischiano di sfociare in superficialità, per una maggiore attenzione al significato dei luoghi che visitavo, alla sensibilità delle persone che incontravo, alla ricchezza dei momenti che condividevo.
Non posso che ringraziare il Signore per avermi dato la possibilità di riscoprire le origini della mia fede, per avermi condotto nella patria e tra le gente del papa che accompagnato per tutti questi anni la mia esperienza cristiana. Grazie a Padre Francesco Cordeschi, che ci ha chiamati a rendere testimonianza del cammino che viviamo nella Tendopoli di San Gabriele e a confrontarci con altre realtà ecclesiali.
A don Francesco, don Luca, e tutti gli altri sacerdoti, per la pazienza e la disponibilità manifestata nei nostri confronti e per il loro prezioso accompagnamento spirituale di questi giorni.
Grazie a tutti i miei compagni d’avventura, in modo particolare a Massimo, Laura e Carolina, che hanno saputo rendere meno lunghe e faticose le interminabili ore di viaggio.
Vi abbraccio tutti in Cristo.
CECILIA, Pescara